martedì 13 marzo 2012

Dolore di bambini, dolore di mamme: l’inserimento al nido.


"I bambini ci inviano dei segnali molto chiari, che noi dobbiamo considerare seriamente, anche se questo è in contrasto con il modo in cui siamo stati educati o che altri usano per educare i loro figli". Jesper Juul

"Il principio di una educazione senza violenza si riassume in tre parole: rispettare il bambino. La messa in pratica di tale rispetto è anch’essa molto semplice da definire: trattare il bambino come vorremmo che lui trattasse noi " Olivier Maurel

"Utilizzando un modo di comunicare fondato sulla chiarezza e sull'onestà, è possibile creare relazioni familiari basate sul rispetto e sull'arricchimento reciproco." Marshall B. Rosenberg



Ricevo e pubblico (dietro la sua autorizzazione) l’accorata richiesta di sostegno della mamma di Giulio, in crisi per l’inserimento al nido:

“Ciao Anna,
ti scrivo perché noi stiamo vivendo un momento molto particolare...oggi mi sento a pezzi…incompresa e sola...Giulio ha iniziato ad andare al nido da una settimana ... tra mezzi sorrisi amari e qualche lacrimuccia fino ad ora non era andata poi così male...ma ieri mi hanno detto che dopo un'ora il bimbo è andato in crisi e l'ho trovato in lacrime in braccio alla dada, mentre oggi quando sono andato a prenderlo, dopo il primo pranzo fuori, stava urlando come mai l'ho sentito fare...ho sentito venire meno la terra sotto i piedi e devo ancora smettere di piangere!
Avrà senso leggere, documentarsi, fare di tutto perché avvenga una nascita dolce e perché i primi momenti siano salvaguardati da traumi e interferenze, continuare a cercare di dare/fare il meglio, assecondarlo in quelle che sembrano essere le sue esigenze/richieste, e poi, d'improvviso, affidarlo a dei perfetti estranei, che non fanno altro che custodire un parcheggio per pargoli?

Ciao....la mail sopra risale a un paio di giorni fa...poi la rete non mi funzionava e io mi sono persa tra le mie e le sue lacrime  e il nostro dolore...ma da ieri sembra che le cose vadano meglio..così mi dicono le dade. In effetti non l'ho più sentito piangere come ti spiegavo sopra…ma non sono molto più tranquilla per vari motivi:
il primo è che non riesco ancora a fidarmi di loro, e poi perché il fatto che mio figlio smetta di piangere non vuol dire che sta bene..ma che si è arreso ai fatti, e la cosa non mi fa sentire molto meglio!
Forse sono un po’ troppo tragica...però sento il bisogno di chiederti un consiglio:
davanti alla possibilità di avere una persona amica di famiglia iper-fidata che starebbe con Giulio tre o quattro mattine la settimana..tu pensi che per un bimbo di un anno sia una soluzione migliore rispetto ad andare al nido? e poi rimandare l'inserimento a...quando? l'anno prossimo? oppure provare ad arrivare direttamente alla materna?...ognuno dice la sua e io sono così confusa! Monica”

Personalmente credo che l’asilo nido sia una “stortura” della società contemporanea, sia un non-luogo nel quale si parcheggiano i nostri figli per andare a lavorare, come se prendersi cura di loro ed accompagnarli nel periodo più importante e critico della loro crescita non sia un lavoro e un servizio reso alla società intera.

Inoltre non sono affatto convinta che l’inserimento al nido debba necessariamente passare attraverso il dolore non ascoltato (!) del bambino e della madre.

Mio figlio, ad esempio, ha tempi lunghi e io so che sarebbe sufficiente rispettare i suoi tempi per consentirgli di inserirsi serenamente in un nuovo ambiente con persone nuove, confortato inizialmente dalla presenza della mamma, per giungere poi ad accettare di salutarla e godere di quell’opportunità di fare nuove esperienze che gli è offerta. Ma non ho trovato alcuna struttura che, all’atto pratico, abbia messo in campo questo rispetto e abbia predisposto una strategia di ambientamento personalizzata.

Quando si forza l’inserimento al nido attraverso il non ascolto del pianto, del bisogno, del disagio del bambino si ottiene, forse alla fine, che quel bambino si adatti ad essere lasciato – abbandonato – in quella situazione, ma non potrà provare vera gioia di starci. E tutto questo ha un costo sociale piuttosto elevato. Basta guardarsi intorno!

Purtroppo la nostra è una società basata sul profitto, dove nessuno ha più tempo né pazienza di aspettare nessuno.
Come si può pensare di far mangiare un piccolo al nido dopo solo una settimana di “tragica” frequenza?

Sono convinta che sarebbe auspicabile l’esistenza di un progetto educativo veramente condiviso con la famiglia ed una reale continuità educativa casa/scuola, ma affinché ciò si possa realizzare sarebbe necessario sopportare e stimolare la presenza dei genitori dentro le strutture. E non credo che questo si concretizzerebbe in un disagio per i bambini, anzi.

Vorrei citare alcuni stralci da “La mia lettera all’educatrice di mia figlia” , scritta da Silvia, madre di una bambina di due anni e mezzo, reperibile sul sito nontogliermiilsorriso.org, ispirato all’opera di Alice Miller:

“Gentile educatrice,
[…]Ripensando al primo ambientamento della nostra bambina in un nido Montessori, ho pensato che come imparare a nuotare sia una buona metafora.
Spesso sento dire: “Se vuoi che un bambino faccia qualcosa, non dargli opzioni! Non fargli usare il salvagente se vuoi che impari a nuotare...” […]
La gente della mia generazione, una generazione che ha imparato a nuotare semplicemente venendo spinta nell’acqua alta a 5 anni, spesso odia i corsi di nuoto – e gli insegnanti di nuoto. […] la gran parte di noi dice: “Mi piace nuotare, ma per conto mio, niente corsi, per carità!”.
Così ho imparato a chiedermi sempre “Perché? Qual è l’obiettivo?” […]
Alcuni genitori potrebbero avere l’obiettivo di fare del proprio figlio un buon nuotatore il prima possibile. Magari vivono vicino a un lago pericoloso, quindi questa abilità è essenziale per la sopravvivenza. Perciò non importa a questi genitori forzare il figlio, lasciarlo piangere e gridare: deve nuotare il prima possibile, a loro non interessa se odierà nuotare, basta che la sua incolumità sia garantita.
Questo non vale per me: non viviamo “vicino ad acque pericolose”, quindi proponiamo a nostra figlia di nuotare perché l’acqua è divertente, è scoperta, ma non abbiamo come obiettivo “il prima possibile”: potrebbe nuotare con i braccioli fino a 10 anni, se questo è il modo più divertente e rilassante per lei, perché no?
Una delle ragioni per togliere i braccioli, mi si dirà, potrebbe essere che le scuole di nuoto hanno regole e standard, perciò se si decide di iscrivere un bimbo in una scuola di nuoto la famiglia deve accettare queste regole, altrimenti si deve insegnare da sé a nuotare ai figli. Però più piccolo è un bimbo, più flessibili queste regole devono essere, quindi una buona scuola di nuoto deve adeguarsi alla personalità di ogni piccolo allievo e al suo ritmo personale di crescita.
Ecco, penso che tutto quanto sopra si adatti bene alla scuola in generale: perché, per esempio, un ambientamento deve durare una, due, tre settimane? Ma perché una scuola non può avere genitori intorno per mesi? Be’, se parliamo di bambini sotto i 3 anni (penso, per esempio, all’opera di Mary Ainsworth), perché non avere genitori intorno se la felicità dei bambini lo richiede?
È un successo se il periodo di ambientamento dura una settimana anziché due? Significa che il bambino è più indipendente, più flessibile, ha più fiducia in sé? Non credo. Ricordo cosa lessi in un libro, Genitori con il cuore di Jan Hunt, che a un certo punto descrive una serra di rose con il giardiniere che, tutto agitato, cerca di aprire il boccioli e chiude con lo scotch le rose già fiorite, spiegando che le rose devono fiorire la settimana successiva, tutte insieme! Tutti penseremmo che è ridicolo, pensando ai fiori, ma stranamente ci sembra accettabile (anzi, scontato) cercare di fare la stessa cosa con i bambini.
Uno degli altri “miti” che sento spesso è: “Devi avere fiducia nel tuo bambino, devi credere che può farcela, quindi (per esempio) non tirarlo su dalla sua culla anche se piange, altrimenti gli confermi che è un posto terribile e non hai fiducia che lui possa farcela a stare da solo / non andare a prenderla a scuola dopo una sola ora solo perché chiama mamma, altrimenti le dimostri di non fidarti della sua capacità di stare da solo / ecc.” È vero che un bambino si può adattare a tutto. Ciò non significa che questo tutto sia sempre la cosa migliore e più felice per lui. Penso di dare molta più fiducia a mia figlia se le do ascolto quando si lamenta, piange, si oppone a qualcosa invece di farle pensare che non prendo il suo pianto seriamente. […]
Per agevolare l’ambientamento al nido Montessori, mi è stato consigliato di distanziarmi da mia figlia anche quando eravamo assieme, in modo da farle sperimentare che lei era una cosa diversa da mamma, divisa da lei. Non ho mai seguito questo consiglio (anche se veniva da un’organizzazione educativa molto apprezzata), anche perché il papà lavorava in un’altra città e la bimba non poteva vederlo ogni giorno. Cosa le rimaneva della sua famiglia? Volevo rassicurare mia figlia che volevo assolutamente stare sempre con lei e tenermela vicina, qualche volta non era possibile  […]
Il pediatra William Sears dice che il 90% delle madri da lui interpellate si sente a disagio con alcuni consigli che vengono dati loro, e osserva: “Perché preferiamo pensare che il 90% delle madri si sbaglia invece di pensare che un consiglio, per quanto radicato, sia sbagliato?”
Dopo tutte le nostre esperienze e considerazioni, ciò che desideriamo per nostra figlia ora è che cresca felice e a suo agio […]Abbiamo ritenuto che l’opzione di mandare nostra figlia a scuola sia il modo migliore per […] avere tante persone intorno.
[…]Amiamo pensare che sarà felice di alzarsi al mattino pronta ad iniziare le sue attività quotidiane (sebbene giorni tristi capitino anche alle persone più felici) e libera dalla rassegnazione che facilmente prende una piccola persona più debole soggetta alle decisioni del più forte. La cosa più bella è immaginare nostra figlia a scuola che ride di cuore come fa spesso a casa quando giochiamo. Ho anche imparato che, coi bambini, è un passo avanti e 3 passi indietro (omissis)... Così non saremmo preoccupati se, dopo aver passato la giornata perfetta a scuola, il giorno dopo volesse tornare a casa alle 10. Non lo vivremmo come un fallimento della scuola, degli insegnanti o di noi genitori nel fare di nostra figlia una bambina indipendente.”

Spero che questo post apra un luogo di confronto e discussione: qual è stata la vostra esperienza? Qual è la vostra opinione?

Grazie per i contributi che vorrete gentilmente lasciare. 

12 commenti:

  1. Io con Sofia (che aveva 13 mesi) fui fortunato, inserimento praticamente indolore
    http://congedoparentale.blogspot.com/2011/01/30-secondi.html

    Con Eleonora fu un pochino più difficile (aveva 15 mesi), ma andò comunque bene nelle due settimane previste.

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  2. Benvenuto Stefano e grazie per il tuo intervento.
    Si, sei stato fortunato, anche se l'esperienza mi dice che quando sono i padri ad accompagnare i bimbi al nido il distacco è più semplice.
    Sarebbe bello se tu volessi raccontarci come funziona un nido e un inserimento svedese.
    A presto!

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  3. @ArteMamma In pratica tutti i miei post della seconda metà di gennaio 2011 descrivono l'inserimento di Sofia. Eleonora e Sofia sono andate in due nidi diversi. In quello di Eleonora le classi erano di bimbi e bimbe dello stesso anno, in quello di Sofia le classi sono miste con bimbi da 1 a 5 anni.
    L'asilo è aperto 12 mesi all'anno (durante l'estate accorpano delle classi), con orari di apertura 06:30 - 17:30 (alcuni fanno sino alle 18:00), se lasci prima delle 07:30 danno la colazione ai bimbi. Hanno un insegnante ogni 5 bimbi. Costa circa 110 Euro al mese che vengono in pratica rimborsati dallo stato svedese con il contributo chiamato barnbidrag.
    L'inserimento dura di solito 2 settimane, i primi 2-3 giorni sei in classe con loro, poi "sparisci" sempre di più.

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  4. Ciao Stefano,
    grazie per il chiarimento. Appena ho un pochino di tempo vado a curiosare tra i tuoi post sull'inserimento.
    A presto,
    Anna

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  5. C'è qualcosa d'oro per te! Vieni a trovarmi!

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  6. E' un argomento spinoso difficile da sviscerare in un commento.
    Capisco in pieno la mamma di Giulio, ci sono passata anch'io! Ho inserito mio figlio al nido che aveva 10 mesi, a 11 ha avuto la sua crisi, poi superata e ora ci va con il sorriso. Però ci sta solo 4 ore al giorno. Alla mamma di cui sopra consiglio di lasciare il figlio ad una persona fidata se possibile e piuttosto di frequentare una ludoteca,uno spazio gioco. Nei primi anni di vita i bimbi hanno bisogno di poche persone di riferimento e non sono in grado di socializzare, come spesso erroneamente si crede!

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    1. Ciao Bepi, grazie per aver condiviso la tua esperienza.

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  7. il tema dell'inserimento al nido è molto complesso. secondo me un conto è parlarne generalizzando, un altro valutare le singole storie individuali. oggi sappiamo che i bambini piccoli, anche sotto i 3 anni, sono inclini a relazionarsi con più persone adulte e con il gruppo dei pari e ne possono ricavare esperienze arricchenti. come pure i loro genitori. ma certo è che quando una scelta porta dolore dimostra che qualcosa non ha funzionato, forse per tutte le parti coinvolte. è vero che non basta usare parole come fiducia reciproca, alleanza educatica nido famiglia, socializzaizone. ci vogliono azioni buone e concrete che aiutino il bambino nel cambiamento e prima di tutto che aiutino i genitori a capire se quella è la scelta giusta per il proprio figlio. questo avle anche per le educatrici . forse in questo caso è mancato anche un conoscersi reciproco. mi domando infatti se ci siano stati degli incontri preliminari tra gli adulti per conoscersi, per spiegarsi, per trovare degli accordi, per presentare quel bambino lì, con la sua storia, le sue esigenze. il progetto educativo del nido dovrebbe prevederli, così come dovrebbe prevedere un intervento personalizzato sui singoli bambini.
    il mondo dell'asilo nido e del sostegno alla genitorialità è la mia professione e vorrei dare un contributo a questa delicata discussione segnalando un articolo che ho scritto: http://www.ilpuntofamiglia.it/nido-si-nido-no

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    1. Ciao Tiziana, grazie per il tuo intervento, che sicuramente arricchirà questo piccolo spazio di discussione.
      La mia opinione è abbastanza distante dalla tua. Scusa se accendo la dialettica, ma non riesco a farne a meno, vista la delicatezza dell'argomento e i tanti interessi in campo.
      Tu dici *oggi sappiamo che i bambini piccoli, anche sotto i 3 anni, sono inclini a relazionarsi con più persone adulte e con il gruppo dei pari e ne possono ricavare esperienze arricchenti. come pure i loro genitori*. Sinceramente non ho visto e non vedo un grande desiderio di socializzazione in bambini al di sotto dei 20 mesi; inoltre un bambino piccolo ha bisogno dell'attenzione esclusiva dell'adulto di riferimento (che generalmente è la madre). E se anche esistesse questa forte spinta alla socializzazione, chi ha detto che questa possa passare solo attraverso l'esperienza del nido e non attraverso esperienze di socializzazione fatte con la famiglia? - insomma nessuno vive murato in casa.
      Io ho visto bambini al nido - anche in un buon nido - annoiati, rassegnati, che giocano con il primo telefono che trovano e chiamano "mamma, papà, prendimi". Sinceramente l'ho trovato molto triste.
      Inoltre affermi che per ottenere un buon inserimento al nido è necessario che lo svezzamento sia consolidato. Non ho capito esattamente cosa intendi, ma se vuoi dire che il bambino non deve più poppare dalla mamma, le nostre opinioni si distanziano ancora.
      Mi farebbe piacere conoscere la tua opinione sulla lettera all'educatrice che ho citato nel mio post.
      La baby sitter del mio bimbo, una ragazza appena laureata in scienze dell'infanzia, mi ha detto che ha scelto questi studi perché ama tanto i bambini e trascorrere tempo con loro, ma se un giorno avrà un figlio non vorrà mai mandarlo al nido.! :)
      Un salutone,
      a presto!

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  8. cara Artemamma la dialettica è sempre un momento di arricchimento. in effetti, l'articolo che ti ho segnalato è uno spazio di confronto su questo tema di cui mi sono già occupata. penso che possa dare un contributo alle tue richieste, anche attraverso i tanti commenti che ci sono. come puoi vedere tanti interventi hanno linguaggi simili al tuo, altri no. ed io porto dei contributi che affondano le basi nella mia formmazione professionale e nella mia esperienza. spero davvero che questi contenuti possono in qualche modo essere utili alle importanti questioni che poni. un salutone anche a te. a presto!

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    Risposte
    1. Ciao Tiziana,
      si grazie ancora per il tuo intervento e per le ulteriori voci che hai aggiunto alla discussione.
      A presto!

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