sabato 5 gennaio 2013

Daniele Novara: l’essenziale per crescere


Daniele Novara è un noto pedagogista, fondatore del Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti, Direttore responsabile della rivista “Conflitti” e Responsabile Scientifico della Scuola Genitori. A questo link potete trovare “I materiali delle serate” della Scuola, ottime risorse da leggere gratuitamente, e qui un elenco di libri per chi avesse voglia di approfondire.
In questo post dell’aprile scorso avevo citato un suo testo a proposito di bambini abbondanti e bambini felici, che ho ritrovato la scorsa estate tra gli approfondimenti di “L’ESSENZIALE PER CRESCERE Educare senza il superfluo”, scritto da Daniele Novara e Silvia Calvi, mamma-giornalista, curatrice della stesura delle parti che contengono elementi giornalistici.
“L’ESSENZIALE PER CRESCERE” è un libro rivolto ai genitori, una guida alla riflessione su un ampio spettro di questione educative, che ha come principio cardine l’essenzialità e la chiarezza. Gli autori propongono di esercitare la genitorialità in maniera positiva ed assertiva, allo scopo di crescere figli liberi e autonomi. Il libro, spiega lo stesso Novara, è frutto di 4 anni di gestazione. Ogni parola è ben misurata, dal momento che, effettuando circa 400 consulenze all’anno da 10 anni, l’autore dispone di un osservatorio privilegiato per tratteggiare un quadro sociologico molto accurato della famiglia moderna. Famiglia che lui ritiene essere in un momento di transizione epocale, alle prese con la ridefinizione di ruoli e competenze.   Il libro, a pochi mesi dalla pubblicazione, è consigliato dai pediatri.   A mio parere è uno di quei manuali da leggere e tenere vicino per future ulteriori consultazioni.
Di seguito riporto il testo dell’intervista che Daniele Novara mi ha gentilmente concesso il 18 dicembre scorso e per la quale lo ringrazio di cuore.

Foto tratta da qui
Cito da “L’ESSENZIALE PER CRESCERE”:

[¼] “papà peluche”, un papà morbido che si occupa esclusivamente del gioco e del divertimento dei figli. [¼] tra il maternage e il papà peluche il ruolo del padre muore [¼] una morte di funzioni educative [¼]
In altre parole, se la madre attribuisce al padre un ruolo secondario [¼], è ovvio che si riduca drasticamente l’elaborazione simbolica della figura paterna. p. 56

Una soluzione? Che le donne si impegnino a creare, insieme ai loro partner, dei codici paterni educativi condivisi, invece di lasciare i padri in questa inconsistenza grottesca dell’essere diventati puro divertimento per i figli. Aiutare l’uomo a identificarsi con una figura che sa essere ferma, autorevole, decisa. p. 53 

ArteMamma (di seguito AM): Non sono sicura di aver ben compreso il concetto espresso in questo come in altri passaggi. Dalla lettura del suo libro ho avuto l’impressione che si consideri il padre/l’uomo un po’ vittima della madre/donna. E’ così? Se si, perché? Personalmente faccio fatica ad assegnare tutta la responsabilità alla donna che, semmai, si fa in quattro per tappare tutti i buchi.
Perché l’uomo non può assumersi la responsabilità del suo ruolo?
Daniele Novara (di seguito D.N.): Vista la mia esperienza professionale, ritengo di disporre di un osservatorio privilegiato sullo stato attuale delle relazioni familiari: la donna vuole che il padre faccia divertire i figli.
E’ la madre che colloca il ruolo del padre sia fisicamente che psicologicamente. Avendo alle spalle il pesante retaggio di una figura paterna rigida e autoritaria, con la quale preferisce evitare il confronto, la madre colloca la funzione del padre sul piano del  compiacimento, in modo che non ponga problemi ai figli. Preferisce posizionare il partner nel ruolo del padre peluche.

AM: Perché il padre si lascia fare questo? I padri sono contenti di questa situazione?
D.N.: E’ una domanda intelligente.
I padri in realtà non sono soddisfatti di questa situazione. Si tratta di una necessità storica, perché il padre-padrone ha fatto molti danni: era il padre della cinghia, quello che non ascoltava i figli. Oggi il padre è contento di cambiare interpretazione del ruolo rispetto a questa figura così discutibile. Certamente uscire da questo girone infernale storico è impresa non facile. Adesso si ha il padre per il tempo libero, il padre buono, simpatico. Occorre arrivare al padre educativo che, da un punto di vista storico, non c’è mai stato, autorevole e non autoritario, simpatico e che riesca ad infondere coraggio senza essere spavaldo.
Finché un figlio è piccolo, la madre è sufficiente. Ma un adolescente senza padre fa molta fatica.

AM: Non è comodo essere un padre-peluche?
D.N.: Assolutamente! Comodo per i padri e per le madri. Per questo occorre che ci sia gioco di squadra.
La donna, che ha un primato biologico inequivocabile, crea l’incipit cercando di collocare il padre.
Nella società occidentale è in atto un profondo cambiamento storico, segnato anche dal matrimonio tra gay, che oscilla tra la scomposizione tra figure generative e la tutela della famiglia tradizionalmente intesa.
Per far fronte a tutto ciò bisogna cercare di organizzarsi bene. E’ necessario che entrambe le figure, materna e paterna, siano presenti.

AM: Oggi il parto naturale diventa anche una scelta educativa e culturale. P.19. Non posso che essere d’accordo: può articolare questa affermazione per le mie lettrici? In che senso la scelta del parto ha un’influenza così duratura sulla vita del nascituro?
D.N.: Per quanto riguarda il parto naturale ho un debito personale verso Lorenzo Braibanti, il ginecologo che negli anni ’80 portò il Metodo Leboyer in provincia di Piacenza. Braibanti era una figura eccezionale.
Io sono un grande fautore della naturalità del parto. La fatica del travaglio e della nascita rappresenta un’importante conquista per la mamma ed il bambino. Si tratta di un’esperienza densa di significati: madre e figlio hanno sfidato la morte e ce l’hanno fatta. Il passaggio nel canale del parto è qualcosa che ha a che fare con la morte.
Tale esperienza generativa vissuta da madre e figlio rappresenta la base per un rapporto profondo tra i due. Non è la stessa cosa con interferenze mediche.
Partorire significa sfidare vittoriosamente il senso della nostra specie; la donna che viene anestetizzata non potrà vivere quest’esperienza.

AM: Il papà in sala parto: lei cosa ne pensa?
D.N.: Condivido Leboyer laddove afferma che non deve essere un obbligo, ci va chi ci vuole andare. In ogni caso condivido con Silvia Calvi l’opinione che la nascita è una questione squisitamente femminile. La donna potrebbe farsi accompagnare da un’altra donna che ha partorito, una sorella o un’amica intima o anche la madre, se c’è un ottimo rapporto.
L’uomo non può capire cosa succede alla donna in quei momenti.

AM: Che cosa intende con la paura di educare?
D.N.: La paura di educare attanaglia i genitori. C’è paura di ferire, di fare del male ai bambini. Un esempio: i bambini a tre anni hanno bisogno di dormire 11 ore, ma i genitori spesso affermano “...ma non posso mica forzarlo”. Questa è paura di educare.
I bambini che non dormono secondo i loro bisogni probabilmente stanno troppo davanti alla TV, mangiano fuori orario, sono troppo sedentari, faticano a fare i compiti, che saranno così delegati ai genitori.
La paura di educare è dannosa per i figli, che hanno invece bisogno di genitori che abbiano il coraggio di dire loro cosa fare.
La chiarezza è molto importante: c’è bisogno di regole oggettive, chiare.

AM: La famiglia a tavola: come costruire e mantenere un momento di serenità?
D.N.: E’ fondamentale mangiare tutti insieme, senza la TV accesa, creare il senso di comunità. Mai lasciare che i bambini mangino in solitudine. Si sta a tavola finché tutti hanno finito; nessuno dopo i tre anni deve essere imboccato. Si possono instaurare anche dibattiti e conflitti.
La colazione rappresenta un pasto fondamentale. La tavola per la colazione si prepara la sera prima con una ritualità precisa e condivisa.

AM: Kit essenziale per feste serene in famiglia?
D.N.: Spingere sulla ritualità: candele, tovagliolo... Fare del Natale la celebrazione dei legami con le persone con cui si sta bene.
Il Natale è, infatti, celebrazione dei legami che ci sono, per risolvere i conflitti ci sono altre occasioni. Se si invitano persone con le quali si hanno conflitti è meglio sospendere, stabilire una tregua.

AM: Cosa regaliamo ai bambini?
D.N.: Libri, prima di tutto. Sto lavorando ad un libro per bambini, che spero di ultimare nel corso del prossimo anno.
Giocattoli di costruzione.
Giocattoli artistici.
Niente vestiti: si usano i vestiti usati di cugini, amici, fratelli o comprati. Sono così belli i vestiti che hanno una storia!


E voi cosa ne pensate?
Conoscevate già Daniele Novara?
A presto!

10 commenti:

  1. io non conoscevo questo pedagogista. il titolo del libro mi sembra molto interessante, e anche le risposte che lui dà alle tue domande. concordo pienamente sul fatto che i genitori si debbano assumere anche l'aspetto più pesante dell'educare, ovvero quello in cui è necessario imporsi. perchè, come scrive anche l'autore de "il bambino è competente" (adesso non mi viene il nome, jul??), i bambini sanno cosa vogliono ma non di cosa hanno bisogno. e questa mi sembra una frase molto vera e molto utile per essere genitori. si ha troppa paura del conflitto, di non saperlo gestire, forse di non saper dosare nelle giuste proporzioni autorevolezza e dolcezza. ma ai bambini servono guide, che siano chiare e semplici. le regole li rassicurano, i limiti li incoraggiano ad agire con meno paura.
    sul padre peluche non saprei. nel mio caso, il padre dei miei bimbi, il mio compagno, gioca molto con loro e si divertono ma è anche, al pari mio, autorevole e incisivo su quelle poche cose su cui è necessario esserlo. però è vero che io l'avrei voluto così il padre dei miei figli, un uomo che sa tornare bambino per giocare con loro. e forse effettivamente se avessi dovuto scegliere tra le due cose (capacità di gioco e capacità educativa) avrei scelto la prima rinunciando alla seconda! però penso che quasi immediatamente mi sarei accorta dello scompenso e dell'impossibilità di vivere una situazione così squilibrata.
    anche io sono per i riti, con loro sono importanti per sottolineare l'importanza dello stare insieme, come un coronare la vita di tutti i giorni con delle azioni concrete, lo stare a tavola insieme, magari apparecchiarla anche insieme, aspettare i tempi di tutti e non che ognuno mangi al proprio individuale ritmo, anche se quando sono piccolini penso che si possano fare delle eccezioni. ma non evitare capricci, solo che penso che ad ogni bambino va chiesto quello che per la sua età può dare, altrimenti diventa secondo me un'imposizione stupida e dolorosa.
    e in ultimo i regali...no ma che vestiti! poi non penso che a un bambino interessino molto! concordo su tutte le proposte di Daniele Novara, anche se aggiungerei anche un gioco un pò "imbecille"...ovvero per i miei maschietti può essere una macchinina, un aereo, un mostro. giochi con cui io per prima non gioco volentieri...però a loro piacciono così tanto, e dopotutto penso che il gioco del "faccio finta che" sia un gioco molto sano. immaginano storie incredibili solo con un robot in mano che non può che essere positivo per loro!
    un abbarccio, e grazie degli spunti di riflessione che dai continuamente!

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    1. Ciao Serena,
      grazie per il tuo bel contributo!
      Mi scuso con te e le altre lettrici per il ritardo nella risposta, ma ho avuto una settimana campale...
      Sul discorso dell'età e le regole concordo. Anche Novara nel suo libro distingue le età dei bambini, consigliando di non imporre regole nel primo e nel secondo anno di vita perché non possono essere capite.
      Sui giochi: non negherei mai a mio figlio di esperire il gioco con un robot o qualsiasi altra cosa "lecita" gli venga in mente, ma preferirei non ne sentisse il desiderio. O meglio spero di essere riuscita e di riuscire a proporre stimoli che facciano cadere in secondo piano l'attrattiva di quel tipo di giochi. Ma mi rendo conto che è un discorso un po' lungo e complesso.
      Sul fatto di inventare storie incredibili sono perfettamente d'accordo, anzi credo che l'immaginazione vada coltivata e tenuta viva anche crescendo.
      Un abbraccione,
      a presto!
      :-)

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  2. Ho letto molto volentieri questo post! non conoscevo questo pedagogista.
    Concordo praticamente su tutto. Soprattutto sulla parte in cui sottolinea l'importanza delle regole, ed evidenzia la paura di educare dei genitori...
    Cio' che è giusto e sano per i nostri figlio siamo noi genitori a saperlo ed è nostra responsabilità provvedere., anche se non corrisponde ai loro desideri.
    Anche se piagnucolano, fanno capricci...etc...Per il ruolo paterno, beh io credo che se un padre gioca con i propri figli con piacere, non significa che non sappia anche essere autorevole quando le circostanze lo richiedono. Anzi il gioco ha una funzione davvero fondamentale nello sviluppo del bambino.
    E' che troppo spesso siamo noi mamme...a volere essere le protagoniste...e siamo sempre noi ad escludere il padre dal ruolo di 'educatore'. Io credo nella squadra, ed io e mio marito cooperiamo con piacere nella crescita dei nostri figli.
    grazie per il post!!!
    ste

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    1. Ciao Ste,
      grazie a te per aver condiviso la tua opinione.
      Il gioco è fondamentale per i piccoli. Novara riflette sulle situazioni in cui il padre è "confinato" nel ruolo di compagno di giochi senza possibilità di fare altro. E credo che la sua considerazione sul passaggio storico che stiamo vivendo sia piuttosto interessante.
      Naturalmente il gioco di squadra rappresenta la situazione ideale, ma non sempre si riesce ad organizzare.
      Un abbraccio,
      a presto!
      :-)

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  3. Ammetto tutta la mia ignoranza... non lo conoscevo. Ma adesso ho un motivo in più per ringraziarti, perché ho scoperto tante cose interessanti! Spero inoltre che l'inizio del 2013 stia andando per il meglio! Un abbraccio e a presto!
    Ps. C'è un nuovo post sul mio blog, spero che ti possa interessare! Fammi sapere che cosa ne pensi! :)

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    1. Ciao Laura!
      Buon 2013 anche a te!!! A dire il vero l'inizio dell'anno non è, per il momento, dei migliori...ma cerchiamo di non perdere il sorriso ...:-)
      Son già venute a curiosare: le sorelle Bronte, come resistere???
      Un abbraccio,
      a presto!
      :-)

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  4. Ottimo spunto di riflessione, Anna.
    Non conoscevo questo pedagogista ma apprezzo tutte le risposte che ti ha dato e credo valga la pena una lettura del suo libro.
    Dal parto naturale da cui non dobbiamo sfuggire e che non dobbiamo imporre ai padri. La sofferenza resta tua e del bambino ed è un momento di "lotta" personale. Un uomo si puo' sentire ance fuori posto perchè non puo' far nulla per alleviare il olore. Questo non vuol dire che un padre sia inutile in quel momento, affatto, ma sempre che lo desideri!
    Faccio ammenda: è vero che le madri preferiscono un padre compagno di giochi; temiamo di far soffrite i figli con il conflitto. Invece io sto imparando che il conflitto è inevitabile per crescere così come la sofferenza.
    D'accordissimo e in piena sintonia sui giochi e i vestiti: puntare sulla manualità e il costruire, magari insieme e evitare lo shopping (tanto lo richiederanno più grandi). I miei figli sanno di indossare i vestiti di amici e parenti e, quando arriva un pacco in regalo, per loro è un gioco. Questo, pero', vale anche per me: certo mi compro qualcosa ma spesso scambio, eccome!

    Con la Tv e la tavola basta il buon esempio: spenta - senza dubbio - spenta, se non in casi eccezionali.

    Da ultimo: mio marito ha preso l'abitudine di preparare la tavola della colazione la sera prima, sarà felice di leggere questo post!!!

    Ale

    p.s. mi hanno relgato un premio e l'ho condiviso con te:

    http://ilmiograndecaos.blogspot.it/2013/01/ho-ricevuto-dei-premi-e-non-ho.html

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    1. Ciao Alessandra,
      grazie per il tuo intervento.
      Sembra che siamo proprio sulla stessa lunghezza d'onda:-)

      Il premio: grazie infinite per due motivi. Per aver scelto il verbo condividere, che amo molto, e per avermi ricordato che ho un sacco di arretrati...preparerò un post di ringraziamento a sanatoria!!! :-)

      Un abbraccione,
      a presto!
      :-)

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  5. Come sempre stimoli a riflettere e ci informi. Grazie!
    Non conoscevo Novara (in realtà conosco molto poco gli autori che trattano di pedagogia, spesso li scopro per puro caso e mi interessa sempre avere nuovi spunti).
    Mi trovo d'accordo con i commenti di chi mi ha preceduto, e la cosa che più mi ha colpito è l'aver sottolineato la paura di educare, quel non voler forzare che forse nasce proprio dall'aver ricevuto un esempio di educazione eccessivamente autoritaria (e non autorevole).
    E' confortante, leggendo l'intervista, rilevare che molte delle cose che Novara evidenzia esistono o sono esistite (come nel caso del parto naturale) nella nostra vita di genitori, è bello pensare di essere sulla strada giusta, intrapresa soprattutto grazie alla lettura, perché è proprio vero che genitori si diventa e si cresce assieme ai figli.

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    Risposte
    1. Ciao Valeria,
      grazie per aver condiviso il tuo pensiero e il tuo ottimismo!
      Un abbraccione,
      a presto!
      :-)

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