In
questo post dell’aprile scorso avevo citato un suo testo a proposito di bambini abbondanti e bambini felici, che ho ritrovato la scorsa
estate tra gli approfondimenti di “L’ESSENZIALE PER CRESCERE Educare senza il superfluo”, scritto da Daniele Novara e Silvia Calvi, mamma-giornalista, curatrice
della stesura delle parti che contengono elementi giornalistici.
“L’ESSENZIALE
PER CRESCERE” è un libro rivolto ai genitori, una guida alla riflessione su un
ampio spettro di questione educative, che ha come principio cardine
l’essenzialità e la chiarezza. Gli autori propongono di esercitare la
genitorialità in maniera positiva ed assertiva, allo scopo di crescere figli
liberi e autonomi. Il libro, spiega lo stesso Novara, è frutto di 4 anni di gestazione.
Ogni parola è ben misurata, dal momento che, effettuando circa 400 consulenze
all’anno da 10 anni, l’autore dispone di un osservatorio privilegiato per tratteggiare un quadro sociologico
molto accurato della famiglia moderna. Famiglia che lui ritiene essere in un
momento di transizione epocale, alle prese con la ridefinizione di ruoli e competenze. Il libro, a pochi mesi dalla pubblicazione,
è consigliato dai pediatri. A mio parere è uno di quei manuali da leggere e tenere vicino per future ulteriori consultazioni.
Di
seguito riporto il testo dell’intervista che Daniele Novara mi ha gentilmente
concesso il 18 dicembre scorso e per la quale lo ringrazio di cuore.
 |
Foto tratta da qui |
Cito
da “L’ESSENZIALE PER CRESCERE”:
[¼] “papà peluche”, un papà
morbido che si occupa esclusivamente del gioco e del divertimento dei figli. [¼] tra il maternage e il papà
peluche il ruolo del padre muore [¼] una morte di funzioni
educative [¼]
In altre parole, se la madre attribuisce
al padre un ruolo secondario [¼], è ovvio che si riduca drasticamente
l’elaborazione simbolica della figura paterna. p. 56
Una soluzione? Che le donne si
impegnino a creare, insieme ai loro partner, dei codici paterni educativi
condivisi, invece di lasciare i padri in questa inconsistenza grottesca
dell’essere diventati puro divertimento per i figli. Aiutare l’uomo a
identificarsi con una figura che sa essere ferma, autorevole, decisa. p. 53
ArteMamma
(di seguito AM): Non sono sicura di aver ben compreso il concetto espresso in
questo come in altri passaggi. Dalla lettura del suo libro ho avuto
l’impressione che si consideri il padre/l’uomo un po’ vittima della
madre/donna. E’ così? Se si, perché? Personalmente faccio fatica ad assegnare
tutta la responsabilità alla donna che, semmai, si fa in quattro per tappare
tutti i buchi.
Perché
l’uomo non può assumersi la responsabilità del suo ruolo?
Daniele Novara (di seguito
D.N.): Vista la mia esperienza professionale, ritengo di disporre di un osservatorio
privilegiato sullo stato attuale delle relazioni familiari: la donna vuole che
il padre faccia divertire i figli.
E’ la madre che colloca il
ruolo del padre sia fisicamente che psicologicamente. Avendo alle spalle il
pesante retaggio di una figura paterna rigida e autoritaria, con la quale
preferisce evitare il confronto, la madre colloca la funzione del padre sul
piano del compiacimento, in modo che non
ponga problemi ai figli. Preferisce posizionare il partner nel ruolo del padre
peluche.
AM:
Perché il padre si lascia fare questo? I padri sono contenti di questa
situazione?
D.N.: E’ una domanda
intelligente.
I padri in realtà non sono
soddisfatti di questa situazione. Si tratta di una necessità storica, perché il
padre-padrone ha fatto molti danni: era il padre della cinghia, quello che non
ascoltava i figli. Oggi il padre è contento di cambiare interpretazione del
ruolo rispetto a questa figura così discutibile. Certamente uscire da questo
girone infernale storico è impresa non facile. Adesso si ha il padre per il
tempo libero, il padre buono, simpatico. Occorre arrivare al padre educativo
che, da un punto di vista storico, non c’è mai stato, autorevole e non
autoritario, simpatico e che riesca ad infondere coraggio senza essere
spavaldo.
Finché un figlio è piccolo, la
madre è sufficiente. Ma un adolescente senza padre fa molta fatica.
AM:
Non è comodo essere un padre-peluche?
D.N.: Assolutamente! Comodo per
i padri e per le madri. Per questo occorre che ci sia gioco di squadra.
La donna, che ha un primato
biologico inequivocabile, crea l’incipit cercando di collocare il padre.
Nella società occidentale è in
atto un profondo cambiamento storico, segnato anche dal matrimonio tra gay, che
oscilla tra la scomposizione tra figure generative e la tutela della famiglia
tradizionalmente intesa.
Per far fronte a tutto ciò
bisogna cercare di organizzarsi bene. E’ necessario che entrambe le figure,
materna e paterna, siano presenti.
AM:
Oggi il parto naturale diventa anche una
scelta educativa e culturale. P.19. Non posso che essere d’accordo: può
articolare questa affermazione per le mie lettrici? In che senso la scelta del
parto ha un’influenza così duratura sulla vita del nascituro?
D.N.: Per quanto riguarda il parto
naturale ho un debito personale verso Lorenzo Braibanti, il ginecologo che
negli anni ’80 portò il Metodo Leboyer in provincia di Piacenza. Braibanti era
una figura eccezionale.
Io sono un grande fautore della
naturalità del parto. La fatica del travaglio e della nascita rappresenta
un’importante conquista per la mamma ed il bambino. Si tratta di un’esperienza
densa di significati: madre e figlio hanno sfidato la morte e ce l’hanno fatta.
Il passaggio nel canale del parto è qualcosa che ha a che fare con la morte.
Tale esperienza generativa
vissuta da madre e figlio rappresenta la base per un rapporto profondo tra i
due. Non è la stessa cosa con interferenze mediche.
Partorire significa sfidare
vittoriosamente il senso della nostra specie; la donna che viene anestetizzata
non potrà vivere quest’esperienza.
AM:
Il papà in sala parto: lei cosa ne pensa?
D.N.: Condivido Leboyer laddove
afferma che non deve essere un obbligo, ci va chi ci vuole andare. In ogni caso
condivido con Silvia Calvi l’opinione che la nascita è una questione squisitamente
femminile. La donna potrebbe farsi accompagnare da un’altra donna che ha
partorito, una sorella o un’amica intima o anche la madre, se c’è un ottimo
rapporto.
L’uomo non può capire cosa
succede alla donna in quei momenti.
AM:
Che cosa intende con la paura di educare?
D.N.: La paura di educare
attanaglia i genitori. C’è paura di ferire, di fare del male ai bambini. Un
esempio: i bambini a tre anni hanno bisogno di dormire 11 ore, ma i genitori
spesso affermano “...ma non posso mica forzarlo”. Questa è paura di educare.
I bambini che non dormono
secondo i loro bisogni probabilmente stanno troppo davanti alla TV, mangiano
fuori orario, sono troppo sedentari, faticano a fare i compiti, che saranno
così delegati ai genitori.
La paura di educare è dannosa
per i figli, che hanno invece bisogno di genitori che abbiano il coraggio di
dire loro cosa fare.
La chiarezza è molto
importante: c’è bisogno di regole oggettive, chiare.
AM:
La famiglia a tavola: come costruire e mantenere un momento di serenità?
D.N.: E’ fondamentale mangiare tutti
insieme, senza la TV accesa, creare il senso di comunità. Mai lasciare che i bambini
mangino in solitudine. Si sta a tavola finché tutti hanno finito; nessuno dopo
i tre anni deve essere imboccato. Si possono instaurare anche dibattiti e
conflitti.
La colazione rappresenta un
pasto fondamentale. La tavola per la colazione si prepara la sera prima con una
ritualità precisa e condivisa.
AM:
Kit essenziale per feste serene in famiglia?
D.N.: Spingere sulla ritualità:
candele, tovagliolo... Fare del Natale la celebrazione dei legami con le
persone con cui si sta bene.
Il Natale è, infatti,
celebrazione dei legami che ci sono, per risolvere i conflitti ci sono altre
occasioni. Se si invitano persone con le quali si hanno conflitti è meglio sospendere,
stabilire una tregua.
AM:
Cosa regaliamo ai bambini?
D.N.: Libri, prima di tutto. Sto
lavorando ad un libro per bambini, che spero di ultimare nel corso del prossimo
anno.
Giocattoli di costruzione.
Giocattoli artistici.
Niente vestiti: si usano i vestiti
usati di cugini, amici, fratelli o comprati. Sono così belli i vestiti che
hanno una storia!
E
voi cosa ne pensate?
Conoscevate
già Daniele Novara?
A
presto!