Bicci
ieri sera aveva le mani blu di inchiostro per timbri.
Gli
chiedo “Amore hai lavorato?”
“No,
mamma, io non so lavorare. Però so giocare!”
L'affermazione
fa sorridere, eppure non è banale.
Il
gioco di fantasia o sociodrammatico, tipico dell'età prescolare dai
tre anni in poi, caratterizzato dalle 'trasformazioni volontarie
del “qui e ora” (spazio e tempo), del “tu e io” (ruoli) e di
“questo e quello” (oggetti) (Il gioco dei bambini, Emma Baumgartner, Carocci editore – Le bussole, marzo 2009), inizia a
'declinare verso la fine della fanciullezza'.
Ma
la creazione di mondi altri che troviamo in questa modalità ludica –
facciamo che io ero... - è molto simile a quello che accade nel
contesto delle improvvisazioni teatrali e/o della costruzione di un
personaggio.
Io
credo che mantenere viva la capacità di “giocare” (to play)
faciliti la possibilità di affrontare la vita quotidiana in maniera
creativa.
Inoltre
sul piano educativo l'interazione con i piccoli risulta facilitata e
si apre alla possibilità di instaurare relazioni paritarie, che non
sminuiscono l'autorevolezza dell'adulto ma, al contrario, la
incrementano in quanto esso viene visto come uno che sa accettare e
sa stare nel mondo infantile.
Per
questo motivo propongo e conduco laboratori teatrali di “rieducazione al gioco”©, per
riappropriarsi del mondo fisico e della sua potente capacità
creativa e relazionale, rivolti ad educatori e genitori.
I
miei interventi sfruttano tecniche di training attoriale e di
rilassamento per stimolare la consapevolezza corporea, la
relazionalità e la creazione di mondi, anche allo scopo di
valorizzare l’uso del corpo nella relazione educativa.
A
fine gennaio ci sarà il primo incontro di un corso di
aggiornamento professionale per gli educatori dei nidi e delle
materne di Cecina (LI).
Per
informazioni scrivete a artemamma70(@)gmail.com (naturalmente
togliendo le parentesi).
E
voi giocate?