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lunedì 2 aprile 2012

Far crescere un bambino nella società dell’opulenza e del superfluo.

Rileggo l’intervento di Daniele Novara, sulla newsletter dell’Aprile 2009 del Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflittidal titolo “L’ESSENZIALE E IL SUPERFLUO. Dal bambino abbondante al bambino felice”.
La riflessione del pedagogista parte dalla constatazione che un bambino italiano su tre è in sovrappeso e i primi disturbi della sfera alimentare si presentano intorno ai 9/10 anni.
“L’espressione bambino abbondante rende bene l’idea di un sistema educativo che, […] nella logica dell’accontentare e del compiacere, finisce col creare paradossalmente delle condizioni di malessere, legato proprio all’enfasi data al superfluo.”
Con accontentare e compiacere chiaramente l’autore si riferisce alla fornitura di cibo, giochi e oggetti inutili, spesso anticipatori di desideri che forse non sorgerebbero mai e/o tesi a colmare un vuoto d’amore, di tempo e di relazione.
Tale logica va di pari passo con la civiltà dei consumi, nella quale con sofisticate – ma neanche troppo – strategie di marketing si inducono bisogni e conseguenti necessità di acquisto, alle quali la grande maggioranza dei genitori fatica a sottrarsi.
Si va dal cibo spazzatura all’ultima novità in tema di giochi ai vestiti firmati, nell’obbedienza ad una società dell’effimero che sembra ormai al declino, anche se in molti si ostinano a volerla tenere in piedi.
La vera ricchezza di cui potrebbe veramente godere un bambino sarebbe avere persone amorevoli – i genitori ad esempio – che si occupano di lui e che spendono del tempo “buono” a giocare con lui, nonché vivere in un ambiente familiare che consenta la libera espressione della persona, l’accoglimento dei suoi bisogni e sia di stimolo all’esercizio della creatività.
Prosegue Novara: “ Chiedersi cosa sia davvero utile e cosa inutile nell’ambito delle scelte che fanno i bambini o che vengono fatte per i bambini appare allora, da un lato quasi una necessità imprescindibile, dall’altro anche una minaccia al sistema di marketing. Se il bambino dovesse veramente fare una vita adatta ai suoi bisogni reali, e quindi più naturale e più spontanea, presumo che i consumi nazionali diminuirebbero di almeno un quinto. Esiste, e non solo in Italia, un marketing rivolto all’infanzia, fondato proprio sull’ideologia del superfluo, fortemente compenetrato al sistema familiare.” 
E va avanti con l’esempio della festa di compleanno, replicata a scuola, con i genitori e con gli amici (!), che “comporta uno spreco e un’accentuazione narcistica assolutamente inedita”, così come “invitare venti bambini alla festa implica […] il dover partecipare ad altre venti feste di compleanno con i venti regali che ne conseguono, creando un effetto domino consumistico assolutamente inutile oltre che devastante da un punto di vista psicologico. I bambini si trovano sommersi da regali di cui non sanno letteralmente cosa farsene, che condizionano pesantemente la loro competenza e capacità creativa.”
Propone poi l’esempio di un’associazione di genitori di Locarno promotori di un negozio nel quale si scambiano e condividono giochi e vestiti per bambini.
“L’essenzialità favorisce una crescita più autonoma e più libera, […] gli adulti […] sempre pronti ad accontentare qualsiasi desiderio, impediscono di fatto il vero desiderio dei bambini: quello di poter spiccare il volo da soli senza tanti meccanismi e induzioni esterne.
E’ la resistenza dell’aria che produce il volo, ricorderebbe Kant”.

Quali sono le vostre esperienze?
Quali le vostre riflessioni?

A presto!
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