La
riflessione del pedagogista parte dalla constatazione che un bambino italiano
su tre è in sovrappeso e i primi disturbi della sfera alimentare si presentano
intorno ai 9/10 anni.
“L’espressione
bambino abbondante rende bene l’idea
di un sistema educativo che, […] nella logica dell’accontentare e del
compiacere, finisce col creare paradossalmente delle condizioni di malessere,
legato proprio all’enfasi data al superfluo.”
Con
accontentare e compiacere chiaramente l’autore si riferisce alla fornitura di
cibo, giochi e oggetti inutili, spesso anticipatori di desideri che forse non
sorgerebbero mai e/o tesi a colmare un vuoto d’amore, di tempo e di relazione.
Tale
logica va di pari passo con la civiltà dei consumi, nella quale con sofisticate
– ma neanche troppo – strategie di marketing si inducono bisogni e conseguenti
necessità di acquisto, alle quali la grande maggioranza dei genitori fatica a
sottrarsi.
Si
va dal cibo spazzatura all’ultima novità in tema di giochi ai vestiti firmati,
nell’obbedienza ad una società dell’effimero che sembra ormai al declino, anche
se in molti si ostinano a volerla tenere in piedi.
La
vera ricchezza di cui potrebbe veramente godere un bambino sarebbe avere
persone amorevoli – i genitori ad esempio – che si occupano di lui e che
spendono del tempo “buono” a giocare con lui, nonché vivere in un ambiente
familiare che consenta la libera espressione della persona, l’accoglimento dei
suoi bisogni e sia di stimolo all’esercizio della creatività.
Prosegue
Novara: “ Chiedersi cosa sia davvero utile e cosa inutile nell’ambito delle
scelte che fanno i bambini o che vengono fatte per i bambini appare allora, da
un lato quasi una necessità imprescindibile, dall’altro anche una minaccia al
sistema di marketing. Se il bambino dovesse veramente fare una vita adatta ai
suoi bisogni reali, e quindi più naturale e più spontanea, presumo che i
consumi nazionali diminuirebbero di almeno un quinto. Esiste, e non solo in
Italia, un marketing rivolto all’infanzia, fondato proprio sull’ideologia del
superfluo, fortemente compenetrato al sistema familiare.”
E va avanti con
l’esempio della festa di compleanno, replicata a scuola, con i genitori e con
gli amici (!), che “comporta uno spreco e un’accentuazione narcistica
assolutamente inedita”, così come “invitare venti bambini alla festa implica
[…] il dover partecipare ad altre venti feste di compleanno con i venti regali
che ne conseguono, creando un effetto domino consumistico assolutamente inutile
oltre che devastante da un punto di vista psicologico. I bambini si trovano
sommersi da regali di cui non sanno letteralmente cosa farsene, che
condizionano pesantemente la loro competenza e capacità creativa.”
Propone
poi l’esempio di un’associazione di genitori di Locarno promotori di un negozio
nel quale si scambiano e condividono giochi e vestiti per bambini.
“L’essenzialità
favorisce una crescita più autonoma e più libera, […] gli adulti […] sempre
pronti ad accontentare qualsiasi desiderio, impediscono di fatto il vero
desiderio dei bambini: quello di poter spiccare il volo da soli senza tanti
meccanismi e induzioni esterne.
E’ la resistenza dell’aria che
produce il volo, ricorderebbe Kant”.
Quali
sono le vostre esperienze?
Quali
le vostre riflessioni?
A
presto!
Questo intervento ha centrato a pieno il problema, io ho 2 bambini e non è assolutamente facile educarli in un certo modo, insegnandogli a dare importanza a certe cose piuttosto che ad altre!!!
RispondiEliminaBenvenuta e grazie per il tuo intervento.
EliminaE' vero: non è facile, ma credo sia necessario partire da noi genitori.
Buona giornata!
Argomento complesso. Ti dico la mia.
RispondiEliminaHo due figli, il primo (14 anni) ha come migliore amico un ragazzo ricco, si sono conosciuti all'asilo. L'amico non fa mai pesare le cose che ha, ma mio figlio ne è sensibile e ha sempre chiesto quello che vedeva a lui. Noi non siamo ricchi, neanche benestanti, gli abbiamo quasi sempre detto di no: niente roba firmata, se non in saldissimo, niente playstation o wii, tutto quello che si compra deve essere necessario e possibilmente ad un buon livello qualità/prezzo. Cosa gli abbiamo offerto in cambio: ragionamenti sull'"importante è quello che sei", sul voler bene alle persone e non alle cose, sulla libertà di non dover aderire a modelli che non ci appartengono, sul coltivare reali bisogni e quindi saperli riconoscere. Risultato: lui ci tiene ugualmente a non apparire "sfigato", ma ora chiede solo quando può, per un compleanno, per natale e ,piuttosto, passa l'inverno con due soli jeans di marca e tre felpe, ma non indossa niente che potrebbe definire come fuori moda.
Il secondogenito frequenta persone come lui, disinteressate alle cose, se chiede, raramente, è sempre pronto a conquistarsi il "premio", si veste con i vestiti smessi di suo fratello e non si lamenta.
Io e mio marito acquistiamo solo se ne abbiamo necessità (ho smesso di andare per centri commerciali!), spendiamo solo quello che possiamo e rinunciamo a ciò che non è utile, il motto generale è non sprecare. A noi va bene così, ci sentiamo più liberi e tranquilli.
Ma noi abbiamo scelto questa via, per noi è giusta, ma quanto i nostri figli la condividano non so dirtelo, loro probabilmente avvertono il disagio di non vedere realizzati i loro desideri, non so quanto questa frustazione, che a tanti fa crescere, in alcuni possa invece innescare un meccanismo di rivalsa (quando sarò grande avrò quello che voglio!). Credo che faremo i conti veri quando saranno cresciuti e faranno le loro scelte, nel frattempo è vero che si possono trasmettere solo valori che si vivono e loro vedono il nostro esempio.
Detto questo ti confido che la paura vera nel sommergere di cose i bambini, non è tanto che a loro non servano, ma che ne vengano talmente sommersi da non riuscire a ritrovare se stessi.
Il messaggio che mandate ai vostri figli sembra positivo e mi sembrano anche buoni i risultati che descrivi. Se il senso di rivalsa serve a far impegnare una persona per acquisire indipendenza economica e una buona posizione lavorativa, meglio per lui: avrà bisogno di impegnarsi per raggiungere l'obiettivo...
Elimina*la paura vera nel sommergere di cose i bambini, non è tanto che a loro non servano, ma che ne vengano talmente sommersi da non riuscire a ritrovare se stessi.*: condivido.
Questo post tratta proprio di un argomento che mi sta a cuore, e su cui mi impegno, ogni giorno, con me stessa, perché è dentro la quotidianità che si giocano la maggior parte di queste diamiche. Avendo molti figli, anche se fossi molto più ricca di quel che sono dovrei necessariamente chiedere loro dei sacrifici. Data la nostra condizione, in cui lavora solo mio marito e con tante spese di spostamento (le due auto che siamo costretti ad avere ci costano quasi quanto i figli), vedo le tante cose che i miei figli non hanno, di cui spesso i loro compagni sono "abbondanti". Eppure (sarà che la più grande ha "solo" 11 anni) non li vedo affatto in difficoltà per questo. Comunque, è un tema molto impegnativo, di cui non smetterei di parlare (e infatti ne parlo molto sul mio blog!).
RispondiEliminaCiao Cristina,
Eliminagrazie per il tuo contributo.
Mi sembra un gran risultato che i nostri figli non sentano la mancanza di cose futili... :)
A presto!
Ciao mamme, a me su questo tema ha molto colpito l'opinione dello scrittore Daniel Pennac che, se non ricordo male, divide i bambini in bambini schiavi, bambini lavoratori e, i più fortunati, bambini clienti. Rilevo anche che stiamo lentamente uscendo dalla società dell'opulenza: brave le mamme che vedo qui che stanno costruendo un "paracadute" ai figli!
RispondiEliminaBuongiorno Manuela e grazie per il tuo commento.
EliminaA presto! :)
conosco bene Daniele Novara e condivido molto il suo pensiero. spero che quello che dice entri nel cuore dei genitori e di tutti coloro che si ocuupano delel bambine e dei bambini! qualcosa deve cambiare se volgiamo davvero costruire uan società milgiore per loro! grazie per questo post. apre sez'altro uan discussione molto interessante ed attuale.
RispondiEliminaGrazie a te per il caloroso intervento!
EliminaBuona giornata:)
Mi ha molto interessato questo post e i commenti che ne sono scaturiti.
RispondiEliminaAnche noi non siamo per niente benestanti, ma non solo per questo da molto tempo abbiamo scelto la strada dell'abbandono del superflo (vedi anche la scelta di vivere su una barca, dove per forza devi avere solo lo strettamente necessario). Ora che c'è Sara mi chiedo spesso quale sarà la sua reazione quando andando a scuola comincerà per lei l'epoca dei confronti.
Spero nel frattempo di fare un buon lavoro e di riuscire ad insegnarle, prima di tutto con l'esempio, che la diversità è un valore, che bisogna saper riconoscere il bisogno reale, e soprattutto l'importanza del desiderio e della conseguente soddisfazione della conquista delle cose, soprattutto se superflue, senza essere ai suoi occhi eccessivamente rigida.
Quanto a Pennac, citato da Manuela di DownshiftingTuscany, guarda caso proprio in questi giorni ho pubblicato un pezzo tratto da un suo libro che parla proprio dei "bambini clienti"...
Benvenuta Valeria e grazie delle belle parole di cui hai arricchito il mio blog.
EliminaCredo che l'importante per i figli sia ciò che si respira in famiglia, quindi...avanti tutta!
Il pezzo su Pennac... vengo a leggerlo.
A presto! :)